
Antropologica Tre ricerche degli anni Settanta
1 Settembre 2019
Flaminio Gualdoni il 16 novembre @ Palazzo Ducale di Genova
16 Novembre 2019A cura di Lorenzo Madaro
14 novembre 2019 | 26 gennaio 2020
Si muove su crinali complessi la ricerca artistica di Matteo Negri (San Donato Milanese-Milano, 1982; vive e
lavora a Milano), attraverso un percorso che include installazione e scultura, pittura e ceramica, progettualità e
manualità, in un’onda singolare di tracce, percorsi e vie di un’indagine che racchiude differenti ambiti, con
specifici cicli che definiscono determinati perimetri d’azione. Per questa nuova mostra, che segna anche un
ritorno nella Galleria Monopoli, allestita nel loft dal profilo architettonico rigoroso in via Ventura a Milano,
Negri propone un ciclo ragionato di opere a parete della produzione recente, concepite applicando speciali
pellicole colorate affiancate a strati di grafite su alluminio o su carte di differenti formati.
Questo procedimento
consente ai singoli elementi cromatici di essere mutanti, di cambiare forme e di assorbire in maniera molteplice
la luce ai passaggi dello sguardo e quindi dello spettatore. C’è uno spettro di luci che cattura visione, talvolta
dilatando ciò che si interfaccia al suo cospetto. Ma non c’è solo la luce, c’è l’immagine che in qualche modo si
rispecchia e che non è mai iconica e narrativa, e non occhieggia neppure alle esperienze consolidate di
Michelangelo Pistoletto o di altri artisti che hanno impiegato lo specchio nella propria indagine visuale.
Quello
che Matteo Negri invece pratica costantemente con queste nuove opere esposte in Galleria Monopoli è una
esplorazione su una terza via, che mette idealmente in connessione realtà e virtualità, ma senza l’intervento della
multimedialità fotografica, bensì con un approccio che potremmo definire analogico, anzi artigianale, perché
concepito con le mani, confermando un’altra delle attitudini di Matteo Negri, ovvero il suo essere sempre homo
faber. Emergono così spazi, nuovi spazi, formati dalla congiuntura intransigente di linee, cromie e pellicole
colorate adesive, che rappresentano naturalmente novelle colorazioni capaci di integrarsi perfettamente con le
preesistenti. La mostra è accompagnata da un catalogo che contiene una selezione ragionata di fotografie delle
opere già installate nello spazio espositivo e un contributo critico del curatore Lorenzo Madaro, che osserva: “La
modularità di queste opere è una costante che si traduce al contempo nella assidua reinvenzione dei perimetri
cromatici sulle differenti superfici, che diventano quasi metalliche nella percezione visiva, in un’ottica di
ascendenza minimalista che in questo momento sociale per Negri rappresenta una possibilità per entrare nella
realtà e di superarla senza dover cedere alla produzione di immagini, in un mondo, come quello attuale,
contraddistinto proprio da una iperproduzione di icone, effimere o costanti, sempre in divenire. La mostra –
prosegue Madaro in catalogo – pertanto si rivela come un’esperienza immersiva, in cui il pubblico è invitato a
entrare nello spazio, allestito con intransigente essenzialità, ed a vivere le costanti sollecitazioni dei colori nel
ritmo incalzante delle forme geometriche”.