LEONARDO GAMBINI – Transparency Changes
31 Maggio 2023ALAN BEE
16 Novembre 202327 settembre - 4 novembre 2023
a cura di: Alberto Barranco di Valdivieso
CIOFFI. REINMUTH.
Johann Wolfgang von Goethe scrisse il suo più famoso romanzo “Le affinità elettive” (1809) traendone il titolo dal termine inventato dal fisico Johann Samuel Traugott Gehler nel suo “Physikalisches Wörterbuch” (“Dizionario di Fisica”, 1787-1796). Goethe alludeva a quel particolare fenomeno chimico per il quale due elementi associati, sotto l'azione simultanea di due altri elementi dotati di particolari proprietà, si scindono associandosi con i due ultimi e formando, per legge di reciproca attrazione, due nuove coppie. Nel romanzo è analizzato lo svilupparsi di un fenomeno analogo nella vita sentimentale di due coppie protagoniste della vicenda.
Questa visione ha portato, nel linguaggio comune, a definire “chimica” il campo di condivisione, positiva o negativa, nei rapporti interpersonali. Dunque “affinità elettive” che è un termine scientifico, poi divenuto proprio della letteratura, giunge a noi come espressione universale, tra due enti diversi, della capacità coesiva per punti di similitudine psicologica, di intenti potremmo dire, messi in relazione con altri agenti esterni.
Raffaele Cioffi (Desio, 1970) e Matthias Reinmuth (Bad Wimpfen, 1974) hanno accettato di confrontarsi in una mostra che, mostrando opere del periodo 2022-2023, già dal titolo “Elective Affinities” ovvero “Affinità Elettive”, vuole innescare un esperimento di confronto, definito per affinità di intenti e differenze di metodo, che comunichi all’osservatore non solo due mondi diversi per appartenenza culturale geografica, uno mediterraneo l’altro nord-europeo, bensì soprattutto due modi per arrivare allo stesso risultato attraverso la comune “famiglia pittorica” dell’astrattismo aniconico. In entrambi il racconto viene costruito su sensazioni emozionali istintive e non attraverso la mimesi di forme reali, ciò permette di istruire nel singolo fruitore immagini suggestive e un racconto personale sempre diverso, che si costruisce automaticamente durante il contatto visivo con l’opera. Una dinamica che noi possiamo trovare nella musica, specie nelle composizioni contemporanee, da Stockhausen a Cage, nel jazz freddo, nella musica anarmonica elettronica, ovvero spartiti musicali costruiti da geometrie armoniche elastiche, fluide, che non seguono strutture retoriche lineari; fluide come sono le forme compositive di questi due autori il cui uso del colore segue logiche destrutturali: per Cioffi di sfrangiamento segnico e per Reinmuth di discioglimento fluido.
I due pittori, inoltre, differiscono tra loro nel metodo e nell’approccio al lavoro in studio.
Cioffi dipinge nello spazio ben ristrutturato in una vecchia casa a corte nella tranquilla Lissone, appena fuori Milano. Lavora su tele candide già montate e posizionate a parete, ed è veloce; egli lavora con una concentrazione breve e intensa, che ha bisogno di pause e di ripartenze. Lavora moltissimo, continuamente, spesso fa delle bozze su piccoli fogli di carta, poi inizia a dipingere dopo aver preparato le tele con un colore di base che sarà il supporto cromatico di cui magari rimarrà solo un bordo o un alone; mentre dipinge compie una specie di danza, dapprima avvicinandosi alla tela agendo per piccoli colpi per poi allontanarsi e, con il braccio disteso, porre pennellate più ampie, e così via, mentre in sottofondo una musica classica riempie la stanza. Le opere sono finite in pochi giorni con variazioni minime dal progetto iniziale e raramente vengono modificate successivamente. Ha ormai una prassi talmente esatta e sperimentata che le uniche sorprese lo colgono quando un’intensità di colore o un alone non lo soddisfano, magari già ad opera finita. Lavora con più piacere sulle grandi dimensioni, possiede telai enormi e pesantissimi donati da Claudio Olivieri, ma negli ultimi tempi ha usato tele anche molto piccole.
Reinmuth dipinge sul pavimento del grande studio nell’ex Flugplatz Johannisthal, il primo storico aeroporto berlinese del 1909, oggi nella Berlino Est, tra i vecchi hangar in demolizione (purtroppo) della Zeppelin; uno spazio ampio, molto luminoso, di straordinario fascino, un luogo dalla costruzione razionalista che oggi è un housing per artisti (Studio Building); egli agisce con molta più lentezza del suo collega, accettando l'attesa come parte del sistema di lavoro; spesso lascia le tele vergini sul pavimento di legno, con appena un primo trattamento superficiale; mesi se non anni possono rimanere a terra a sporcarsi sotto i suoi piedi prendendo segni e asperità che diventano sia testimoni del passare del tempo sia perturbazioni spontanee che emergono quando egli finalmente decide di versare i colori creando una sinestesia in cui anche la casualità della reazione sullo sporco della tela è parte della genesi dell’opera. Lavora preferibilmente con il formato verticale che favorisce, anche psicologicamente, il senso della gravità ma anche della direzione verso l’alto; apprezza dimensioni grandi ma i formati medi sono quelli che preferisce. La composizione delle opere può avere fasi lunghe, con interruzioni, ripensamenti e riprese, e infine i trattamenti di finitura cambiano ulteriormente gli assunti cromatici iniziali.
Altro elemento che apparentemente distingue i due pittori è il “carattere” del fare pittura. Cioffi ha un atteggiamento spazialista, cioè vuole creare spazi ultra dimensionali dentro l'opera, e lo fa dirigendo esattamente tutte le fasi del progetto e della pittura che, nel suo caso, asciuga in breve tempo restituendo un risultato che può controllare in ogni istante e millimetro. Reinmuth, invece, attraverso un lavoro più meditativo, intellettuale, in cui il controllo non è totale, costruisce l’impianto pittorico per sovrapposizioni di colore fluido che asciugandosi cambia e, grazie alle finiture cerate, modifica ulteriormente le trasparenze e le intensità aumentando il senso di profondità del colore. Reinmuth assume il Tempo come elemento regolatore non solo della prassi compositiva ma dello stesso risultato finale, perché è proprio la casualità di effetti prodotti dal passare del tempo sul colore che definisce la composizione. Dunque le sue pitture sembrano palpitare e assorbire fisicamente l'osservatore mentre il colore di Cioffi si muove per vibrazione e frammentazione. Le cromie di Cioffi sono visibilmente disomogenee perchè l'impianto cromatico è formato da piccoli “fiocchi” di diverso colore che, colpo su colpo, si sovrappongono restituendo un effetto che da vicino rivela una moltitudine di colori mentre da lontano sintetizza le cromie per campiture pulsanti. Il colore di Reinmuth non prevede traccia segnica se non aloni, dipanamenti e talvolta macchie, ha un amalgama oleoso che sembra mutare continuamente creando iridescenze, come gli aloni della nafta sull’acqua.
Nonostante le diversità, queste due tipologie di pittura usano il colore per trasformare la sensazione individuale in visione. Dunque, come nel sistema delle affinità goethiane, i due artisti, saldamente appartenenti ai loro ambiti di formazione, sono posti a stretto contatto nel luogo neutro e coinvolgente dello spazio della mostra, sotto la spinta di un curatore che li ha messi a confronto (ecco i due elementi esterni perturbatori: lo spazio che contiene il confronto, il curatore che lo istruisce). Una situazione che ne ricalibra almeno momentaneamente le identità secondo un rapporto che ne spinge le similitudini, le concordanze, le affinità profonde più che le differenze formali.
Raffaele Cioffi, fin dall’inizio degli studi all’Accademia di Brera, è affascinato dal Color Field di Mark Rothko e dalle stringhe di Morris Louis, così come dalla multiforme pratica pittorica di Gerhard Richter, successivamente ha operato il distacco da quelle esperienze calibrando negli ultimi anni una pittura di sbriciolamento del colore, di vaporizzazione per aloni dipinti attraverso l’uso di un segno “pivotante” e visibile, e di sovrapposizioni cromatiche dall’effetto “poroso” che solo vagamente indicano l’esistenza di demarcazioni e sagome. Negli ultimi tempi si è acuita in Cioffi la ricerca della “pittura del colore ottico” tipica degli impressionisti e degli spazialisti veneti come Tancredi. Questi aloni vibranti, che Cioffi ha chiamato “Soglie”, sono passaggi metafisici (quasi dei “limen” heideggeriani) tra la dimensione dell’osservatore (il luogo reale in cui egli si trova, cioè lo spazio dell’opera) e un’altra dimensione, non oggettiva, suggerita all’interno degli spazi della pittura ma in realtà creata nella mente del fruitore grazie a suggestioni ottico-cromatiche. In questo senso abbiamo voluto definire la sua pittura Post-Analitica romantica; aniconica ovviamente, eseguita con pigmenti ad olio su tela montata a telaio e posta a parete in modo totalmente manuale. Una pittura che l’artista desidera produca effetti di sensazione, dunque spinga ad una lettura sentimentale ed evocativa seppur senza alcun ausilio di simboli o forme oggettive.
Matthias Reinmuth, si forma all’Accademia di Berlino con Georg Baselitz e Dirk van der Meulen, dunque l’impronta è neoespressionista; nonostante ciò, seppur laureatosi con Baselitz, ci sembra intuire che da Meulen, orientato ad una ricerca meno formale ma senz’altro materica, egli apprende i termini del colore espanso e di un segno che tende a trovare nella stessa genesi della miscelazione dei colori il senso di “emersione” e dunque di espressione.
Reinmuth articola il suo stile attraverso l’uso di solventi e cere che disciolgono le cromie preventivamente colate (lavora sul piano orizzontale) creando effetti di fusione e trasformazione dei colori proprio attraverso il movimento meccanico che le sovrapposizioni creano. Leggendo con attenzione il cambiamento dei suoi lavori nel tempo si nota una diminuizione, se non scomparsa progressiva, di elementi (macchie, segni) che perturbino lo sfumato dei suoi colori, arrivando sempre di più ad una pittura “super-tonale”. Credo sia interessante notare che il lungo periodo californiano abbia immesso nell’artista le suggestioni del colore di “Light&Space”, movimento nato a Venice CA e che inevitabilmente, dagli anni Settanta in poi, ha modificato la percezione della luce nello spazio artistico e la gestione del colore nella pittura (senz’altro passando anche per l’esperienza analitica). Inoltre i numerosi viaggi in sud-est asiatico hanno donato alla sua tavolozza colori vibranti. Proprio a questo proposito, osservando le sue opere presenti in mostra, si ravvisa la medesima condizione della pittura Post-Analitica di Cioffi ovvero opere che sono frutto di una meccanica automatica del dipingere per cui, attraverso la tecnica ben delineata, sia Reinmuth che Cioffi riescono a costruire un impianto cromatico complesso, ricco, variegato, capace di suggestionare l’osservatore creando forti stimolazioni ottiche che colpiscono l’inconscio producendo, come detto, “paesaggi della mente” e sentimenti che inevitabilmente, proprio perché il cervello così funziona, suscitano immagini della memoria.
Dunque questi due artisti, in due modi diversi, ma con il medesimo sistema astratto-aniconico, esprimono un carattere lirico, poetico, evocativo che è evidente dall’intensa soddisfazione che i loro coloratissimi lavori esprimono, pur non cedendo il passo al didascalismo figurativo. Certamente hanno tecniche diverse ma un atteggiamento assai simile verso il colore, anche se per uno sia segnico e per l’altro sia tonale; in quanto il colore è il medium capace di stimolare una reazione creativa nell’osservatore.
Cioffi e Reinmuth presentano due modalità di viaggio cromatico nel tempo; “affinità elettive” in Weltanschauungen differenti ma che, proprio grazie a questo inedito confronto, si rendono evidenti nel segno di un colore che, parafrasando Hofmannsthal, si trasforma e racconta la profondità dei sogni sulla superficie di una tela.
Alberto Barranco di Valdivieso