Giovanni Frangi, Michela Pomaro MARITO e MOGLIE
6 Dicembre 2022NICOLETTA BORRONI – Pittura plastica
23 Febbraio 202327 gennaio - 25 febbraio 2023
con un testo di: Alberto Barranco di Valdivieso
Michele Zaza, Cosmico, 30 x 40 x 140 cm, fotografia e legno dipinto
La Galleria Monopoli di Milano presenta una miscellanea di sculture che per la diversità dei materiali (marmo, ferro, acciaio, PVC, plastica, poliuretano espanso, gomma, carta, vetroresina) illustra gli eterogenei percorsi della scultura italiana attraverso varie generazioni di artisti appartenenti, con misure e modi diversi, sia al filone delle postavanguardie che del cosiddetto post-moderno fino alle sperimentazioni dell'ultimo contemporaneo. Se di primo acchito al visitatore questa mostra può apparire come un insieme eccessivamente variegato - senz'altro non purista - dall'altro lato, invece, lo stesso troverà l'occasione per una visione comparativa di molte delle diverse linee di ricerca che sussistono nel variegato panorama dell'arte italiana.
Troviamo dunque gruppi di artisti in cui coesistono elementi comuni come Stefano Soddu (1946), Piero Coletta (1948) e Piero Fogliati (1930-2016) con i loro assemblaggi/macchine costruiti con elementi metallici industriali utilizzati secondo un surreale gioco di "nuovo realismo" che ne riarticola geometricamente il significato/funzionamento rispetto al rapporto con lo spazio che le contiene e che ne declina i significati relativi (fuori di sé) e assoluti (dentro di sè). Pierluigi Ratti (1940) assembla i suoi "totem" con lo spirito meta-surreale dei nouveau realistes ma con esiti neo-plastici che ricordano i lavori di Georges Vantongerloo, utilizzando pezzi di imballaggio di poliuretano espanso che ricompone e successivamente smalta con vernici industriali; il risultato è quello di colorati enigmatici meccano-totem dagli incastri complessi. Federico De Leonardis (1938) e Franco Mazzucchelli (1939) utilizzano il materiale sconfessandone il principio costitutivo; i volumi sono palesemente esposti in tutta la loro fragilità materica (marmo come carta friabile per De Leonardis, aria insufflata nel PVC come materia piena eppure effimera per Mazzucchelli) ciò pone in essere un sistema basato sulla contraddizione tra ciò che la forma esprime di essere (visione) e ciò che la forma in realtà è (immagine) ponendo in primo piano la lirica del sensibile piuttosto che la coerenza compositiva. In questo fare l'elemento surreale intrinseco all'oggetto declina il senso di lettura verso antinomie logiche (morbido-duro, leggeropesante, assoluto-relativo, permanente-effimero) che innescano nell'osservatore una perturbazione percettiva e, soprattutto, cognitiva.
Arnaldo Pomodoro (1926) rivolge allo spazio attivo dell'ambiente che contiene l'oggetto il senso del suo lavoro, ignorando volutamente la forza plastica del materiale egli si concentra sulla pelle dell'oggetto come luogo di una scrittura segnica che rende i suoi oggetti pitture in bassorilievo su piani tridimensionali; minimali fitti ritmi di grafi che usano la forma scultura come spazio di supporto. In A. Pomodoro il volume di bronzo, dalle forme geometriche basilari, non rappresenta la genetica plastica che trae da dentro la forza espressiva del fuori, come per Henry Moore o lo stesso fratello Gio Pomodoro ma rimane una macchina che amplifica gli eventi superficiali articolati con i riflessi e i chiaroscuri delle incisioni.
Nanni Valentini (1932-1985), informale materico dalle profonde arcaiche suggestioni naturaliste e dal tratto narrativo etico, "ritrova" manufatti terrosi e carte bruciate dal tempo che sono riveli archeologici misteriosi di un mondo da ricordare forse perché perduto. Jannis Kounellis (1936-2017), maestro concettuale del materiale "povero", riprende suggestioni simili a Valentini con le sue matasse di simil-catrame con applicazioni a forma di croce; egli da un lato disegna maëlstroms impressionanti e categorici, come segnali di una apocalisse imminente, e dall'altro perturba il gesto espressionista con applicazioni simboliche, con un intervento che ricorda le "pietre" di Lucio Fontana di cui si ravvisa quella leggerezza lirica che stacca dall'oggetto ogni matericità per risarcire l'idea del primato assoluto sulla materia e, in questo caso, il segno arcaico della croce assume il senso di una intensa testimonianza antropologica. Ritroviamo la stessa profonda cifra antropologica nel lavoro di Michele Zaza (1948), artista concettuale che usa scultura, pittura e fotografia secondo una personale libera lettura del concetto di tempo come suggestione romantica dunque riferita al ricordo come testimonianza, allo stesso modo ponendo lo sguardo sull'immagine/forma assoluta, oggetto di riflessione spazio-temporale della presenza umana nel flusso continuo del divenire. Il "pensiero forte" di questi scultori, usi all'analisi ideale e teoretica, o alla "lirica meccanica" della poesia post-surrealista, per converso accentua l'epoca fluida ed estemporanea che stiamo vivendo in questi anni duemila.
Ecco apparire le colorate perturbazioni "cracking" del collettivo Plumcake (fond. 1983), l'astrattismo concreto declinato in chiave neo-pop di Matteo Negri (1982), la maschera di "Pinocchio" a tre occhi di Gianni Cella (1953) che traduce l'Ontani transtorico e pleonastico in una personale espressione transletteraria volta all'inquietante rilettura distorta della fiaba, che è luogo perverso degli adulti quanto slittante nell'incubo. Piero Gilardi (1942) con i suoi "Tappeti Natura" nel tempo ha compiuto una doppia operazione; da un lato ha seguito il camp negli anni Settanta sviluppando una scultura morbida (il tappeto senza la teca) che si basava sul cortocircuito tra ciò che sembra vero (il sasso) e ciò che in realtà è (morbida gomma piuma); successivamente per necessità di conservazione egli inscatola i lavori trasformando inevitabilmente quel gesto, (all'inizio ipotizziamo non volutamente) in una cristallizzazione del divenire naturale, del tempo della Natura, entrando in un discorso concettuale che oggi potremmo facilmente (troppo) legare alle suggestioni ambientaliste (che già Sottsass nei Sessanta aveva sottolineato). Dunque chi scrive non pensa affatto che le teche soffochino la percezione dell'oggetto semmai la ricalibrano.
Corrado Bonomi (1956) esprime una ricerca ludica, camp, dunque formalmente eterogenea e ironica, che fa dell'incoerenza estetica la cifra di una libertà dell'agire oltre le regole puriste dell'arte. Bonomi esprime la "libertà di pensiero" come strumento anarchico contro il paludamento della norma e la tirannia del conformismo intellettuale.I materiali trasformati di questa mostra, allora, forse non sono solo quelli delle sculture; noi stessi, i fruitori, siamo materiali ovvero s-oggetto/materia sensibile, in mutazione nello spazio e nel tempo della percezione, esposti alle sollecitazioni psichiche e oniriche dell'arte, attraverso il concorso dei sensi ma soprattutto di tutte le idee che la stessa arte riesce a far riemergere nella nostra mente, ogni volta in modo diverso, trasformando la materia del pensiero in una nuova possibilità di esistenza nel reale.
Orari di apertura
martedì-sabato
14.00 – 19.00
Inaugurazione
Giovedì 26 gennaio ore 18.30